claudia/ marzo 29, 2019/ BACHECA, LE ATTIVITA', PERCORSI PER STUDENTI/ 0 comments

Lo scorso 16 febbraio un gruppo di bambini della Scuola dell’Infanzia dell’IC di Via Anna Botto ha partecipato al laboratorio “Scrittura con tecnica favolistica per la prevenzione del cyberbullismo”, tenuto dal professor Christian Stocchi dell’Università di Modena e Reggio Emilia. L’attività era inserita nell’ambito del convegno “Contributi per una cittadinanza digitale” organizzato da Aiart Onlus all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

 

Riportiamo di seguito una breve intervista al prof. Stocchi relativa all’esperienza.

 

Quale feedback ha avuto lavorando con un gruppo di bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia?

«L’esperienza è stata stimolante e positiva. Ho notato una bella interazione: i bambini amano le favole e internet è il mondo in cui sono immersi fin dai primi anni di vita. Non a caso, la discussa etichetta di “nativi digitali”, che si rifà alla fortunata classificazione di Prensky, è quella che più spesso viene utilizzata in relazione ai bambini nati nel nuovo millennio. Quindi, questo connubio di antico e moderno si è rivelato certamente utile e proficuo. Generalmente opero con bambini di scuola primaria e con ragazzi di scuola media. Ma devo dire che l’esperimento di Milano è stato oltremodo confortante, anche a giudicare dagli interventi entusiasti e calzanti formulati dai bimbi».

È pensabile iniziare già da questa fascia di età ad operare in un’ottica di prevenzione?

«Non solo è pensabile. Ma è anche doveroso. Prevenzione significa innanzitutto agire sulle modalità di relazione, ancor prima che sugli aspetti tecnici di smartphone e tablet. Vuol dire puntare sulla consapevolezza. Sui linguaggi. E l’educazione può fare la differenza in quest’ottica».

Mettendo l’accento sulle immagini e a quanto queste veicolino il senso, anche più delle parole, soprattutto per i bambini della scuola dell’infanzia che non sanno leggere, quanto, su internet, le immagini, il susseguirsi di colori, i movimenti catturano l’attenzione più delle parole, determinando il senso e il significato dei contenuti?

«Le immagini sono potenti veicoli di senso, soprattutto per questa fascia d’età. Costruiscono significati immediati, che sono intuitivamente colti dai bambini. Tuttavia molto spesso entrano con prepotenza nel loro vissuto e, in taluni casi, possono essere pericolosi. Per questo, occorre on line una mediazione dell’adulto, che spieghi, accompagni, conduca il bambino attraverso un percorso di scoperta positiva».  

In seconda battuta, il tema della privacy e la tutela dei dati personali: cosa possiamo pubblicare su internet non mettendo in pericolo la nostra privacy?

«Dobbiamo tutelare i nostri bambini. Non credo sia giusto esporli a partire dalle prime ecografie. Quanto postiamo resta nel tempo: non dobbiamo mai dimenticarcene; perciò meglio evitare di pubblicare immagini che poi sono difficilmente cancellabili in via definitiva dalla rete. E, allo stesso, modo occorre evitare di esporre dati personali, che potrebbero anche essere utilizzati in modo distorto».

Quali strumenti ci possono aiutare in ciò?

«Il primo antidoto è il nostro senso di responsabilità come adulti. Poi, certo, esistono filtri, modalità di pubblicazione limitate. Tuttavia, anche quando siamo protetti da una password, non dobbiamo supporre di essere completamente al sicuro in rete. Qualche lupo o qualche volpe potrebbero essere in agguato…».

 

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